Scritto da Alessandro Viglione
Ci sono luoghi che non chiedono di essere fotografati. Chiedono di essere capiti. E la Costiera Sorrentina, ogni volta che torno, mi parla così: sottovoce, con geometrie naturali e proporzioni antiche, come se ogni profilo fosse il risultato di un patto silenzioso tra uomo e paesaggio.
In questo itinerario personale — più sensoriale che turistico — voglio raccontarti cosa significa per me attraversare la Costiera con attenzione, lasciandomi guidare da forme che non impongono, ma suggeriscono. E che chiedono una cosa sola: misura.
Borghi sospesi tra cielo e terra: il diritto alla leggerezza
Da Vico Equense a Massa Lubrense, passando per Piano, Meta, Sant’Agnello, ogni paese si affaccia sul mare con discrezione, come se non volesse disturbare. Le case sembrano posate, mai costruite. Le strade si piegano, si restringono, ma non forzano mai la geografia.
Camminando tra queste vie, mi sembra sempre di essere in un paesaggio “concesso”, non conquistato. Come se il diritto al panorama fosse stato negoziato secolo dopo secolo, con buon senso e senza esibizioni.
Un consiglio: fermati nei piccoli belvedere lungo la strada, quelli non segnalati. Lì trovi la vera armonia.
Sorrento: il cuore che detta il ritmo
Sorrento è il punto d’equilibrio. L’ho sempre vista così: ordinata, sobria, quasi regolatrice di tutta la costa. Il suo centro storico è fatto di spazi che dialogano: giardini interni, vicoli dritti, architetture che respirano l’antico senza pesantezza.
Il Chiostro di San Francesco è, a mio avviso, una delle architetture più “educate” che abbia mai visto. Bellezza sottratta, non imposta. Anche Corso Italia segue una logica urbana che potremmo definire “civica”: negozi storici, terrazze, residenze che convivono in equilibrio.
Il paesaggio come legge (non scritta)
Questa costa non tollera l’arroganza, e chi l’ha capita ha imparato ad adeguarsi. I terrazzamenti di limoni, ad esempio, sono per me più che coltivazioni: sono dispositivi di cura del paesaggio. Trattengono il suolo, proteggono le radici, regolano l’uso del terreno con un’intelligenza tramandata.
Anche l’ospitalità qui segue un codice preciso: mai invadente, mai fuori scala. Le strutture ricettive non spiccano: si integrano. Il lusso c’è, ma si nasconde nei dettagli, nei materiali, nelle proporzioni.
Gastronomia sorrentina: una cucina con disciplina
Ho sempre visto la cucina sorrentina come un esercizio di coerenza. Pochi ingredienti, ma ben selezionati. Tutto segue una logica ferrea di stagionalità, provenienza, metodo.
- Limone di Sorrento IGP: non solo ingrediente, ma emblema. Simbolo di tracciabilità e identità territoriale.
- Gnocchi alla sorrentina, delizia al limone, pezzogna al forno: piatti che non vogliono stupire, ma confermare. E che si collocano esattamente nel contesto in cui nascono.
Ti consiglio una cena in una trattoria di collina, tra Massa e Termini. La vista è da trattato di urbanistica naturale, il cibo è geometria del gusto.
Viaggiare sulla Costiera: una questione di educazione (e misura)
Venire qui non è come andare “al mare”. È accettare un paesaggio con le sue regole, i suoi tempi, i suoi limiti. Le strade sono strette? Sì. I parcheggi pochi? Spesso. Ma fa parte del gioco. Anzi: del patto.
Qui tutto funziona se chi arriva lo fa con rispetto. Ecco perché la Costiera non è mai caotica, nonostante la fama. Perché c’è una forma implicita di responsabilità condivisa. Un codice paesaggistico che non ha bisogno di essere spiegato. Si intuisce, e si segue.
Dove il paesaggio detta le regole
La Costiera Sorrentina non è un’icona da Instagram. È un ecosistema costruito sulla logica dell’adattamento reciproco: tra natura e costruzione, tra economia e sostenibilità, tra estetica e sobrietà.
Chi la percorre con attenzione ne percepisce la coerenza. Chi la studia ne riconosce la struttura. Chi la ama — come me — ne rispetta la regola.